La bambina delle nuvole - Capitolo XII

Ali Salem, il nonno e il futuro sulla sabbia.

Quando arrivarono vicino alla khaima di Aminatou, sentirono la voce di Ali Salem.
Sembrava furioso.
“Come fai a non capire, nonno? Tu sei stato un bambino e un uomo libero, e ora sei un vecchio in un Campo Profughi. Ti sembra giusto? Non possiamo stare qui altri trent’anni, pacificamente, e aspettare che il mondo ci ascolti. Con la pace non si ottiene niente. Meglio morire abbracciando un fucile che diventare vecchio in un Campo Profughi come te.”
Aminatou, Bakita ed Ami, ferme in silenzio fuori dalla khaima, sentirono il nonno alzare la voce. Era la prima volta che Aminatou lo sentiva arrabbiato.
“Non parlarmi di fucili e di morte, bambino! Tu non hai mai visto la guerra.
Oh bambino sahrawi, ti voglio più alto
Più alto di questo popolo che ti ha visto nascere
Più alto di questo fucile che tanto vorresti prendere.

Te le ricordi? Sono le parole di tua madre e di tutte le madri sahrawi che hanno visto la guerra.” Aminatou, fuori, divenne triste. Lei non aveva mai sentito la voce di sua madre. Poi udì di nuovo la voce del fratello.
“Mia madre è morta, nonno. E’ morta di parto in un Campo Profughi, quando è nata Aminatou, per una banalissima emorragia. Mio padre è un desaparecido, uno scomparso, vivo o morto che sia. E io non sono più un bambino, nonno. Forse non lo sono mai stato. Sono solo stato piccolo in un Campo Profughi e sto diventando grande in un Campo Profughi. Ti sembra giusto? Io voglio diventare vecchio da uomo libero, costi quel che costi.”
“E allora studia, Ali Salem. Studia e diventerai vecchio da uomo libero. E’ la mente che ci rende liberi.”
“Io voglio la libertà della nostra terra. Anche a costo di fare la guerra col Marocco. Se uno ti morde e tu non lo mordi, quello crede che tu non abbia i denti.”
Il nonno fece una lunga pausa, poi parlò di nuovo con voce calma, rispondendo a tono con un altro mazal.
“Il vecchio disteso vede quello che il giovane non vede in piedi.Tutti vogliamo la libertà della nostra terra, Ali Salem, ma non è con le armi che dobbiamo ottenerla. Dobbiamo avere fiducia nelle Nazioni Unite e nella Diplomazia Internazionale.”
Ali Salem alzò ancora il tono della voce.
“E che cos’hanno fatto in trent’anni le Nazioni Unite e la Diplomazia Internazionale ? Un accidenti di niente!”
“Sì, ma non è confondendoci con i terroristi che avremo il rispetto dei nostri diritti, lo capisci? Studia, Ali Salem, e quando sarà tempo andrai col Fronte Polisario. Il Polisario non vuole uomini ignoranti: vuole uomini che hanno studiato.”
“ Va bene, nonno. Tu sei il mio seiibaini ed io ti ascolterò. Andrò a Cuba a studiare. Ma solo quando Aminatou andrà a studiare ad Algeri. Non voglio darle questo dispiacere. Le ho fatto da mamma e da papà in questi anni.”
“Le abbiamo fatto insieme da mamma e da papà”, disse il nonno.
La voce di Ali Salem divenne piccola e bassa.
“Sì, è vero nonno: tu sei stato la mamma e io il papà.”
Poi dentro la khaima calò il silenzio.
Baki, Natou e Ami rimasero fuori ad aspettare, anche loro in silenzio, non sapendo cosa fare. Era un silenzio denso, quello, e non bisognava spezzarlo, perché faceva presagire qualcosa di importante e di buono. In punta di piedi Aminatou si avvicinò ad una delle finestre e guardò dentro.Vide suo fratello in ginocchio davanti a suo nonno, che stava seduto su una panca. Il nonno accarezzava la testa di Ali Salem, che stava piangendo. Era un pianto senza urla, il suo.
Non era più il pianto di un bambino. Era il pianto silenzioso dei grandi.
“Che cosa succede?” chiese Bakita, curiosa
“Succede che mio fratello piange.”
“Perché piange?” domandò Ami. “Vuole la mamma?”
Aminatou non rispose. Non sapeva cosa dire. Era la prima volta che vedeva piangere suo fratello. Dopo un po’ Bakita domandò di nuovo:
“Dici che possiamo entrare?”
“Aspettiamo.”
Si allontanarono dalla finestrella e si misero a sedere sulla sabbia. Passarono dieci minuti in silenzio a guardare il tramonto. Il cielo si tingeva di rosso, mentre i granelli di sabbia brillavano come piccole pepite d’oro.
“Mi stanno venendo i brividi” disse Bakita.
“Hai freddo?” domandò Aminatou.
“Non è per il freddo. E’ per il cielo. Ma è anche per il silenzio. Qui il silenzio mi sembra infinito. E il cielo mi sembra mille volte più grande che a casa mia. E poi sono abituata a vedere il mare oltre la sabbia e qui non lo vedo…”
“Qui il mare non c’è” disse Aminatou.
“Il mare è solo nei nostri sogni”sospirò Ami.
“Sapete che facciamo? Andiamo dalla gazana” disse Natou.
“Sì, sì.”
“Chi è la gazana?” domandò Baki.
“E’ la donna che legge il futuro sulla sabbia. A quest’ora dovrebbe essere fuori dalla sua khaima. Se ne ha voglia, ci dirà cosa vede nel nostro futuro.”
Quando arrivarono dalla gazana, la trovarono seduta sulla sabbia davanti alla sua khaima insieme a un’altra donna molto giovane. La gazana aveva disegnato sulla sabbia davanti a sé un grande riquadro e con un dito stava tracciando delle linee. Erano delle linee incomprensibili, a prima vista, ma in ogni linea lei leggeva un significato. Ami corse in braccio alla giovane donna, che la strinse a sé e le fece una carezza. Doveva conoscerla bene. Baki e Natou invece si misero a sedere più lontane, tanto da riuscire ad ascoltare senza essere troppo invadenti.
“ Il medico dell’ospedale dice che sono sterile. Voglio sapere se riuscirò ad avere un bambino.”
“Avrai un bambino. Ci vorrà tempo, non sarà facile, ma ti aiuterà la tabita.”
“Chi è la tabita?” domandò sottovoce Bakita ad Aminatou.
“E’ la guaritrice. Anche a mia madre avevano detto che era sterile. Poi è andata dalla tabita, le ha dato delle palline fatte di grasso, semi e piante da usare come supposte, ed è guarita dalla sterilità.”
“Supposte?”
“Sì. Con le supposte è guarita dalla sterilità e ha fatto due figli. La tabita è bravissima.”
“Vuoi dire che sei nata grazie a una supposta? Tuo papà non ha fatto niente?”
Aminatou e Bakita si misero a ridere.
“Sì. Più o meno”rispose Aminatou alzando la voce e ridendo forte.
“Perché ridete di mia cugina?” domandò Ami, distratta dalla risata, mentre la giovane donna si stava alzando.
“Non ridiamo di lei. Ridiamo di altre cose. Ma te lo spiegheremo quando sarai più grande!”rispose Aminatou.
Ami fece una smorfia, poi assunse un’aria offesa.
La giovane donna fece un’altra carezza ad Ami, poi ringraziò e si allontanò.
Baki e Natou si alzarono e si rimisero sedute accanto ad Ami e alla gazana.
“Salam aleikum” dissero le bambine.
“Aleikum essalam” rispose la gazana. “Che cosa volete sapere?”
“Comincia tu Ami, che sei la più piccola.”
“No, io per ultima. Ci devo pensare.”
“Va bene. Allora prima tu, Baki.”

Baki ci pensò un attimo, poi prese lo zainetto, estrasse la conchiglia, i garofani secchi e la collanina e li appoggiò nel riquadro di sabbia.
“Voglio sapere di chi sono.”
La gazana cominciò a tracciare le sue linee intorno, poi rispose:
“Questa conchiglia appartiene all’oceano. E al suo oceano dovrà ritornare.”
“E questi ?”chiese Baki indicando la collanina e i garofani.
La gazana tracciò altre linee e rispose.
“Sono di una bambina che si è persa.”
“Quando?”
“Molto, molto tempo fa.”
“Dove si è persa?”
La gazana fece altri segni sulla sabbia, tracciò dei cerchi e rispose.
“Dentro di sé. Ma può ritornare.”
Baki, Ami e Natou si guardarono. Ora si sentivano perse anche loro. La gazana invece di dare risposte aveva aperto nuove domande.
“Adesso tocca a te, Natou” disse Baki.
“Non mi viene in mente niente…”rispose Natou, confusa.
“Ho io una domanda”disse Ami.
“Dimmi…”disse la gazana.
“Luna rossa, mezza luna
La mia terra avrà fortuna?”

La gazana disegnò una mezza luna e col dito iniziò a girare intorno.
“Sulla terra bianca e nera
Vedo già la luna intera.”

“Speriamo”disse Ami.
“Hai un’altra domanda?”
“Ci penso” disse Ami, mentre Baki e Natou parlavano sottovoce tra loro
“Che cosa vuol dire secondo te, la terra bianca e nera?”
“ Credo che voglia dire la Terra degli Uomini Bianchi, il Trab el Bidàn, la nostra terra d’origine prima che fosse divisa in nazioni, che è diventata nera per la guerra. O forse è nera perché a Sud, nel Gran deserto del Tiris, nel Sahara Occidentale, ci sono i gablat, le colline di granito nero…O forse è nera per gli haratin, i sahrawi di pelle nera. Sì, la nostra terra è sempre stata bianca e nera.”
“Ho un’altra domanda!”
“Bianca stella, stella bianca
Al mio mare quanto manca?”

La gazana disegnò una stella e delle onde sulla sabbia, poi disse:
“Non manca poco, non manca molto
C’è un Grande Spirito in ascolto.”

“Lo spirito della Grande Aminatou?”domandò Ami
La gazana continuò a tracciare i suoi segni e rispose:
“E’ il Grande Spirito delle figlie
Quando si muove fa meraviglie.”

“Vuoi dire il Grande Spirito delle figlie della Grande Aminatou? E’ il nostro Grande Spirito?” chiese Natou. D’improvviso le era venuta una domanda.
La gazana tracciò un altro segno e rispose:
“Un giorno il mondo le ascolterà
Il loro spirito ci salverà.”

Aminatou, Baki e Ami si guardarono dritto negli occhi. D’un tratto tutto parve loro chiaro. Avevano due missioni da compiere: fare ritornare la bambina che aveva perso la Conchiglia della Memoria e che si era persa dentro se stessa, e farsi ascoltare dal mondo affinché il mondo salvasse il loro popolo. Certo, non sarebbero state due imprese facili, ma nemmeno impossibili. Tutto è possibile solo se lo vogliamo veramente.
“Gracias! Grazie! Shukran!” dissero le tre bambine alla gazana.
“Per ringraziarti ti faremo un dono”disse Aminatou. Prese dalle tasche i suoi n’big e li mise nel riquadro davanti alla gazana.
“Giusto!”
“Buona idea!”
Anche Ami e Bakita misero i loro n’big sulla sabbia.
“Shukran!”rispose la gazana
“Ora dobbiamo proprio andare. Il nonno si starà domandando dove siamo finite” disse Aminatou.
Si allontanarono dalla khaima della gazana, mentre stava già arrivando un altro gruppetto di donne.